IL PRETORE
   Letti  gli  atti  del procedimento penale n. 309/1997 reg. gen. (n.
 13150 r.n.r.) a carico di Subissati Mario, nato ad Ostra il 17 agosto
 1936, ha emesso la seguente ordinanza di rimessione degli  atti  alla
 Corte costituzionale.
   1.  -  L'imputato e' stato citato a giudizio con decreto in data 10
 ottobre  1995,   perche'   rispondesse,   in   qualita'   di   legale
 rappresentante  della  s.n.c.  "Arredotecnica  di  Subissati  Mario e
 figli", del reato previsto dall'allora vigente art.  9-octies,  comma
 3, d.-l. 9 settembre 1988, n. 397, convertito con modificazioni nella
 legge 9 novembre 1988, n. 475.
   Il   fatto   contestato   attiene,   in   particolare,   all'omessa
 comunicazione dei dati relativi alla quantita' e qualita' dei rifiuti
 prodotti per l'anno 1994 e all'infedele denuncia per gli anni 1992  e
 1993,  in  violazione  di  quanto  previsto  dall'art.  3,  comma  3,
 decreto-legge citato.
   2.  - Entrambe le disposizioni citate della legge n. 397 sono state
 abrogate dall'art. 56, lett. c), del decreto legislativo  5  febbraio
 1997,  n.  22,  (Attuazione  delle  direttive 91/156/CEE sui rifiuti,
 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e  sui
 rifiuti  di  imballaggio),  il  quale ha riformulato la disciplina in
 oggetto anche relativamente agli obblighi di  comunicazione  previsti
 dal citato d.-l. n. 397 (art. 11).
   Sotto  il  profilo sanzionatorio, il decreto n. 22 ha sostituito la
 previgente norma incriminatrice con  una  nuova  figura  di  illecito
 amministrativo,   stabilendo   che   l'omessa   presentazione   della
 comunicazione determina l'applicazione della sanzione  amministrativa
 pecuniaria  da  lire  cinque  milioni a lire trenta milioni (art. 52,
 comma 1), con conseguente depenalizzazione della  contravvenzione  de
 qua.
   In tal modo, l'addebito contestato all'imputato, pur conservando il
 connotato di illiceita', non viene piu' punito con sanzione penale.
   3. - Il quadro normativo in esame, per l'aspetto che interessa, non
 risulta  alterato dal recente decreto legislativo 8 novembre 1997, n.
 389, che, pur modificando il contenuto dell'art. 52, comma  1,  cit.,
 in particolare con la previsione di sanzioni amministrative attenuate
 per  determinate ipotesi, ha mantenuto ferma la natura amministrativa
 delle   sanzioni   e,   dunque,   la   depenalizzazione   del   reato
 contravvenzionale di cui all'art. 9-octies cit.
   4.  -  Cio'  premesso, reputa il giudicante che l'art. 52, comma 1,
 del d.lgs. n. 22 del 1997, come modificato  dal  d.lgs.  n.  389,  si
 ponga in contrasto con l'art. 76 della Costituzione.
   La  delega per l'emanazione del decreto legislativo n. 22 del 1997,
 contenuta nella legge 22  febbraio  1994  n.  146  (Disposizioni  per
 l'adempimento  di  obblighi  derivanti  dall'appartenenza dell'Italia
 alle Comunita' europee - legge comunitaria  1993),  conteneva  tra  i
 principi  e  criteri  direttivi,  cui il legislatore delegato avrebbe
 dovuto attenersi, la seguente previsione: "salva l'applicazione delle
 norme penali vigenti,  ove  necessario  per  assicurare  l'osservanza
 delle   disposizioni   contenute  nei  decreti  legislativi,  saranno
 previste sanzioni amministrative e  penali  per  le  infrazioni  alle
 disposizioni  dei  decreti  stessi.    Le sanzioni penali ... saranno
 previste, in via alternativa o congiunta, solo nei  casi  in  cui  le
 infrazioni   ledano   o   espongano  a  pericolo  interessi  generali
 dell'ordinamento interno del tipo di quelli tutelati dagli artt. 34 e
 35  della  legge  24  novembre  1981,  n.   689   ...   La   sanzione
 amministrativa  ...  sara'  prevista  per  le infrazioni che ledano o
 espongano a pericolo interessi diversi da quelli indicati" (art.  2,,
 lett. d)).
   Vengono, in tal modo, delineati due criteri o  principi  direttivi:
 da  un  lato,  e'  previsto il mantenimento del sistema sanzionatorio
 penale esistente, come desumibile dalla clausola di riserva  iniziale
 ("salva  l'applicazione  delle  norme penali vigenti") e dal previsto
 ricorso  solo  residuale  ("ove   necessario")   a   nuove   sanzioni
 amministrative  o  penali;  dall'altro, si prescrive l'utilizzo della
 fattispecie penale, per le nuove fattispecie di illecito, nei casi in
 cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi del tipo di
 quelli tutelati dagli artt. 34 e 35 della legge 24 novembre 1981,  n.
 689.
   5.  -  A parere del giudicante, la norma in questione contrasta con
 entrambi i criteri enunciati dalla legge delega.
   Sotto il primo profilo,  la  depenalizzazione  del  reato  previsto
 dall'art.   9-octies,   cit.   non  appare  rispettosa  del  previsto
 mantenimento  del  sistema  sanzionatorio   vigente,   quale   limite
 prioritario imposto al legislatore delegato sul piano punitivo.
   Sotto  il  secondo  profilo,  il  d.lgs.  n.  22,  con  il disposto
 dell'art.  52, comma 1, ha introdotto una nuova  figura  di  illecito
 amministrativo in materia, riservata dalla legge delega alla sanzione
 penale.
   In  effetti,  con  il  rinvio  all'art. 34, della legge 24 novembre
 1981, n. 689 e alle leggi richiamate da detta disposizione (legge  10
 maggio  1976,  n.  319,  sulla  tutela delle acque dall'inquinamento,
 legge 13  luglio  1966,  n.  615,  concernente  provvedimenti  contro
 l'inquinamento   atmosferico,   leggi   in   materia  urbanistica  ed
 edilizia), il legislatore delegante ha inteso  riferirsi,  come  pare
 evidente,   proprio   alla   salvaguardia  dell'ambiente,  nelle  sue
 essenziali componenti della  protezione  delle  acque,  del  suolo  e
 dell'aria,  e  dunque allo stesso interesse tutelato dalla disciplina
 sui rifiuti. La nuova sanzione amministrativa e',  dunque,  destinata
 ad operare nell'ambito attribuito dalla legge delega in via esclusiva
 alla sanzione penale.
   Ne'   rileva,  ad  avviso  del  giudicante,  il  carattere  formale
 dell'illecito  in  questione,  posto  che  l'ambito  riservato   alla
 sanzione   penale   non  attiene  alle  sole  infrazioni  che  ledano
 l'interesse ambientale,  ma  si  estende,  per  espressa  indicazione
 normativa,  anche  alle  condotte, che "espongano a pericolo" il bene
 protetto,  tra  cui  rientra   senz'altro   quella   prevista   dalla
 fattispecie de qua, essendo evidente che la mancata comunicazione dei
 dati  relativi  ai  rifiuti  prodotti,  recuperati  e  smaltiti  puo'
 impedire le prescritte verifiche circa la  gestione  dei  rifiuti  e,
 quindi, la messa in atto degli strumenti di tutela.
   6. - La prospettata questione di legittimita' costituzionale, oltre
 che  non  manifestamente  infondata,  e'  senz'altro rilevante per la
 definizione del procedimento in corso, atteso  che  l'imputazione  de
 qua  si  fonda  su norma sostituita dall'art. 52, comma 1 del decreto
 legislativo n. 22 e che il giudizio, di conseguenza, non puo'  essere
 definito indipendentemente dalla questione innanzi prospettata.
   L'impossibilita'   di   applicazione   retroattiva   dell'eventuale
 decisione di incostituzionalita', siccome incidente su  norma  penale
 "di  favore",  non  esclude in ogni caso la rilevanza della questione
 (cfr. Corte costituzionale  sent. 3 giugno 1983 n. 148).